L’incubo del debito francese pesa sul futuro dell’euro e dell’Italia
Dic 12th, 2011 | Di cc | Categoria: Politica
Il vertice di Bruxelles dello scorso fine settimana “non ha introdotto misure decisive per stabilizzare la zona dell’euro”. Questo è il commento generale alla riunione tempestosa che ha visto la Gran Bretagna di Cameron lasciare appunto l’Eurozona e anche qualcosa di più: in realtà, sta vacillando il sogno dell’Europa a ventisette membri, il mito della grande Europa allargata e proiettata verso il futuro. La crisi dell’euro purtroppo non è finita e nessuno è in grado di prevedere soprattutto quando, come e se finirà l’assalto della speculazione internazionale.
All’incertezza dei mercati si sommano infatti i negativi commenti di quelle agenzie di “rating” che tanto hanno contribuito ad affossare la valutazione dei debiti sovrani. Molti si aspettano, a breve scadenza, una bocciatura della Francia: un taglio della tripla A, il massimo della fiducia degli investitori, attribuita fino adesso a Parigi, avrebbe ripercussioni a catena sull’euro. Ci potrebbe indurre a sostenere, con molta ragione, che la colpa di questa tempesta non è dell’Italia ma è globale, comprese dunque anche la Francia e la possente Germania. Ma sarebbe soltanto una vittoria di Pirro, una magra consolazione nel campo della politica nazionale contro una sinistra sempre più legata a un’ottica locale. Il danno futuro per l’euro e per tutti gli Stati europei si accrescerebbe, e la speculazione pur accanendosi contro i titoli di Stato francesi non lascerebbe certo in pace quelli italiani.
Che fare allora? Come innestare politiche virtuose di sviluppo e di rilancio dell’economia in presenza di misure fiscali e tagli di spesa che tendono a deprimere i consumi? Perché senza questi incentivi il futuro ci riserva soltanto recessione, calo di tutti gli indici e una sempre più grave situazione dal punto di vista della occupazione.
Chi puntava tutto sul vertice di Bruxelles sottolinea come adesso la posizione britannica in difesa assoluta della City e dei suoi privilegi in campo finanziario si sia finalmente chiarita e come sia stata indicata una via per il mutamento dei trattati e quindi anche del ruolo della Banca Centrale europea. Ma i tempi di Bruxelles non hanno mai brillato per velocità, anzi. Le lentezze burocratiche, un ossequio eccessivo dei formalismi, le procedure molto complicate previste dalla presenza di così tanti Paesi membri, sono tutti elementi che tendono a rallentare i processi di difesa della moneta comune.
Saranno le prossime settimane, in coincidenza con l’avvio del nuovo anno, a dirci con chiarezza l’esito della grande battaglia per la difesa dei debiti sovrani. Tenendo conto che gran parte degli Stati coinvolti nella tempesta perfetta della speculazione non hanno più molte frecce nella loro faretra, perché più di tanti sacrifici rischiano di divenire alla fine insopportabili per la gente.
In questa strettoia, quasi un passaggio delle Termopili, tra tagli già effettuati e rilancio economico ancora da mettere in moto, devono muoversi gli Stati europei e in particolare l’Italia. Sapendo bene che gli speculatori internazionali sono in grado di muovere capitali che raggiungono otto volte il livello totale dei Paesi più industrializzati.