Dopo lo sciopero niente cambia

Dic 12th, 2011 | Di cc | Categoria: Cronaca Nazionale

La chiamavano concertazione. Proclamazione dello sciopero, tavolo col governo, conferma dello sciopero. Lo sapevano i sindacati, lo sapeva Monti e tutti ma proprio tutti conoscevano il copione già scritto (prologo, svolgimento, finale) secondo uno stanco rituale senza sorprese, venuto ormai a noia perfino ai protagonisti (Bonanni entrando: “Vado allo sciopero”) e del quale il Paese ne ha ormai fin sopra i capelli.

 

Tutti i giornali oggi “sparano” in prima pagina titoli già decisi il giorno prima (tipo “Monti-sindacati, è rottura”), ma i sindacati sapevano (e sanno) che il governo nulla avrebbe concesso loro, se non qualche timido e poco rassicurante “vedremo”. E nulla Monti avrebbe potuto promettere, dovendosi riservare le poche cartucce in tasca per andare incontro in Parlamento ad alcune richieste delle forze politiche che lo sostengono e trovare un’accettabile sintesi che renda politicamente digeribile una manovra che, per quanto criticabile in molti punti, andrà varata presto, come dimostra anche oggi la febbre dei titoli di Stato.

 

C’è un’emergenza, per senso di responsabilità Berlusconi si è dimesso da premier, per senso di responsabilità il Pdl ha fatto un passo indietro, per senso di responsabilità una grande maggioranza parlamentare composita ha deciso di sostenere lo sforzo di un governo di tecnici. Il sindacato con l’atto dello sciopero, che significa fermare il paese e la produzione, ha voluto marcare la differenza. Non è un buon segnale. Soprattutto perché rischia di apparire come un goffo tentativo del sindacato di sostituirsi alla politica nel momento in cui i partiti hanno fatto un temporaneo e responsabile passo indietro. I rimproveri della Camusso al Pd (evitiamo che la scelta di appoggiare il governo Monti da parte del Pd “si traduca nel non avere più nessuna politica”) e i balbettii con i quali Bersani si difende dicono proprio questo. 

 

Ma il governo esiste in quanto sostenuto da una maggioranza di parlamentari eletti dai cittadini e sarà il parlamento a modificare e votare la manovra. Senza chiedere il permesso alla Cgil e nemmeno agli altri sindacati temporaneamente uniti.

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