Ma turarsi il naso non sarà la regola
Dic 16th, 2011 | Di cc | Categoria: Politica
Il governo Monti si è risolto a mettere la fiducia sulla conversione del decreto “salva Italia”, ben sapendo che non può essergli negata. “Turandosi il naso”, oppure no. Ma il significato del voto parlamentare si presenta comunque dissociato dalla fiducia, quella vera, relativa alla riuscita del mandato di salvezza nazionale conferito al governo dei professori. La dissociazione si esprime in forme diverse. Con l’opposizione urlata della Lega e con quella, un po’ subdola, del movimento dipietrista. Ma anche con il dissenso trasversale serpeggiante nei due maggiori sostenitori (Pdl e Pd) del salvifico esperimento ministeriale. E soprattutto con la caduta verticale, registrata dai più svariati sondaggi, delle speranze popolari che ne avevano accompagnato la nascita, solo un mese fa.
E’ la sorta di fiducia disperata che sempre accompagna la scelta del male minore, quando assume la caratteristica di un paracadute che rallenta la discesa nel precipizio ma non dà segno di scansarlo. La pronta riproposizione della prospettiva catastrofica smentisce l’iniziale disponibilità ad accreditare una congrua dose di futuro alla eccezionale formula di governo e ne consegna le aspettative di vita alla comparsa di una qualche via d’uscita.
A cominciare dalla più ovvia, rappresentata dall’appello agli elettori, ma senza escludere il rinsavimento e la riscossa della politica di partito, dinanzi alla drammatica evidenza di un condizione di ingovernabilità sistematica, e quindi della stringente necessità di aprire quella fase ri-costituente che è il problema dei problemi della democrazia all’italiana. Affinché chiunque riceva dagli elettori il mandato di governare possa finalmente avvalersi di istituzioni che lo mettano in grado “di volere, di decidere e di agire”, secondo la formula che presiedette alla rifondazione dello Stato nella forma semipresidenziale della Quinta Repubblica francese.
Le ragioni della rapida deliquescenza della provvista di pubblica fiducia conferita all’irruzione dei tecnici, nulla hanno a che vedere con il credito personale riconosciuto al professor Monti e ai suoi collaboratori, bensì con il deragliamento del progetto a causa degli ostacoli oggettivi incontrati sui suoi binari. Il primo segnale di allarme, da tutti rilevato, è risuonato con la presa d’atto dell’impossibilità di procedere subito alle riforme necessarie per stimolare la crescita economica. Il rinvio delle riforme all’eterno “secondo tempo” di tutte le buone intenzioni abortite di cui il paese ha fatto l’esperienza, ha cancellato le illusioni. Il bel miraggio dileguato ha reso ancora più stridente l’impatto con la feroce torchiatura fiscale, di cui tutti, pur disposti a inchinarsi alla legge della necessità, hanno riscontrato l’inevitabile effetto recessivo (nonché inflattivo). Cioè l’esatto contrario, rispetto al piano di viaggio prescritto dalla Ue e fissato dal governo nel segno scaramantico della triade: rigore-equità-crescita. Quando la contrarietà di gruppi di pressione non proprio titanici, come quelli messi in campo da tassisti e farmacisti, è sufficiente a deviare il corso della volontà politica, pur sorretta da maggioranze bulgare e eccezionalmente esente dal pagamento di dazio agli elettori, il guasto è grave. Se il problema è una repubblica da rifare, i pur benintenzionati professori possono farci poco.