Ma il Pd fa in Aula ostruzionismo
Lug 19th, 2012 | Di cc | Categoria: Politica
Ci mancava solo l’Aventino nel repertorio di un Pd sempre più in confusione. E invece il richiamo dell’asse con l’Idv ha fatto scattare al Senato la scelta peggiore che una forza politica possa fare: non partecipare per protesta ai lavori parlamentari. Ma cos’è successo di tanto grave da indurre Finocchiaro e Bersani a definire la situazione “al limite della sostenibilità”? Semplicemente, è stata bocciata la proposta del Pd, appoggiata anche da Idv e Udc, di accantonare il tema delle riforme costituzionali per dare spazio a un esame più approfondito della spending review, del decreto sul terremoto e del trattato di Lanzarote.
A fronte di questo risultato, il Pd si è messo sulle barricate annunciando di voler disertare i lavori in commissione per ripresentarsi soltanto mercoledì, quando sono previste le votazioni in aula, e accusando Pdl e Lega di affossare le riforme istituzionali.
Eppure, quando nel 2001 l’allora maggioranza di centrosinistra approvò da sola, a legislatura ormai finita, la revisione del Titolo V della Costituzione, il Polo della libertà, pur criticando metodo e sostanza di una riforma che si sarebbe poi rivelata sciaguratamente inopportuna, fece in Parlamento la sua motivata opposizione senza mettere in campo azioni istituzionalmente destabilizzanti. E non mise in dubbio l’imparzialità dei presidenti delle Camere, come sta facendo ora la sinistra nei confronti di Schifani, che anche in questa occasione si è comportato in maniera ineccepibile.
Ma c’è di più: quella decisa dal Pd è stata una vera e propria fuga per evitare di partecipare al voto di un emendamento bipartisan sul ripristino dell’immunità parlamentare. Proprio così: l’emendamento firmato da un senatore del centrodestra e da uno del centrosinistra avrebbe sicuramente spaccato il gruppo democratico, e allora la Finocchiaro ha pensato bene di abbandonare i lavori.
Ma, a parte questa che non è certo una novità, va detto chiaro e tondo che i tempi per approvare la riforma costituzionale ci sarebbero ancora, se il Pd recedesse da una posizione ostruzionistica che non ha senso.
La proposta del Pdl, infatti – semipresidenzialismo alla francese, Senato federale e riduzione del numero dei parlamentari – non è improvvisata, ma frutto di un lunghissimo confronto in Parlamento che era iniziato addirittura all’epoca della bicamerale presieduta da D’Alema.
Il tempo del governo dei tecnici avrebbe dovuto servire alle forze politiche – si era detto – per portare finalmente a termine le riforme istituzionali. Il Pdl, coerentemente, ci sta provando. Il Pd no, e se non sarà diminuito il numero dei parlamentari, oggi come nel 2006, la responsabilità sarà esclusivamente del centrosinistra, che ne dovrà rispondere agli elettori.