L’arroganza della Merkel scatena l’allarme rosso per l’euro

Lug 24th, 2012 | Di cc | Categoria: Politica

Tutti se lo aspettavano, il lunedì nero, ed è arrivato. Lo “spread” che misura al differenza tra i titoli di Stato italiani a quelli tedeschi è volato verso quota 530, i nostri Btp devono pagare interessi attorno al 6,30%, l’euro è sceso sotto quota 1,20 nei confronti del dollaro. Un vero disastro dopo che la Germania ha dichiarato, con aperta noncuranza, che l’uscita della Grecia dall’Eurozona non comporterebbe eccessivi problemi per l’Europa. Subito anche i bambini, e quindi anche gli speculatori, ovviamente, si sono domandati perché siano stati e vengano tuttora richiesti così tanti sacrifici ai Paesi mediterranei: da qui, il nuovo assalto contro la Spagna e l’Italia, da qui il nuovo allarme rosso. 

Il professor Monti per la prima volta ha confessato la propria delusione per il mancato calo dello “spread”, nonostante le riforme messe in campo dall’esecutivo dei tecnici negli ultimi mesi. Tuttavia ha voluto vedere il bicchiere mezzo pieno e ha rivendicato un - seppur lieve – miglioramento della situazione del differenziale con i Bund tedeschi rispetto al passato. Ma - tanto per chiarezza - la media dello “spread” nei tre anni e mezzo di governo Berlusconi è stata inferiore - e non di poco - a quella degli ultimi otto mesi. Non è comunque questo il momento di fare polemiche, perché l’Italia è sotto attacco non solo per il suo debito pubblico, ma perché l’Eurozona non sta funzionando. E sicuramente l’aver detto ai mercati, dopo l’ultimo vertice di Bruxelles, da parte di tutti i media entusiasmati che cantavano vittoria, che Monti aveva vinto la partita sullo scudo anti-spread, è stata una mossa falsa. Di questa mossa, per cui lo scudo sarebbe stato attivato subito, stiamo già pagando le conseguenze. Spagna e Italia, infatti, dovranno affrontare il temuto assalto speculativo di fine luglio e agosto senza nessun paracadute europeo, pagando tassi altissimi per finanziare il proprio debito pubblico.

Intanto la Germania piazza i suoi bund ad interessi quasi negativi. E da parte tedesca non si fa nulla per dare alla Banca centrale europea qui poteri di emissione della moneta e di immissione della liquidità che soli possono salvare l’euro.

Il problema è che senza crescita e con un Pil in costante diminuzione, l’uscita dal tunnel resta purtroppo lontana, e i pur sacrosanti tagli alla spesa pubblica rischiano di essere insufficienti. Eppure, l’Italia è la meno indebitata a livello totale, considerando cioè debito pubblico e privato. 

Inutile chiedersi perché questo accade. Il Pil della Germania crescerà dell’1% nel 2012 e la sua disoccupazione scenderà al 6 per cento, mentre il Pil italiano in piena recessione calerà del 2% e la disoccupazione sfiorerà il -10 per cento. In più, consumi in calo del 2,5% e tassazione effettiva sul tetto del mondo, al 55% del reddito. Tutti gli indicatori dicono una cosa sola: la Germania diventa sempre più ricca, l’Italia più povera. E tagli o lo scudo anti-spread sembrano sempre più una cura palliativa mentre invece servirebbero medicine da cavallo, come la cessione consistente del patrimonio pubblico, cosa che l’attuale governo non ha ancora programmato. Con un’aggravante: il Parlamento ha approvato in via definitiva il fiscal compact, ossia il trattato europeo sulla stabilità, che fu ideato quando l’Europa pensava di crescere al 3 per cento e che invece entra in vigore oggi, con il Vecchio Continente in piena recessione e con gli italiani che non sono più in grado di sostenere nuovi sacrifici. 

Questo trattato condizionerà le politiche di bilancio nei prossimi venti anni, e dunque l’azione anche dei futuri governi. Era un dovere approvarlo, ed è stato fatto, come sono stati fatti tutti i compiti a casa che ci erano stati imposti. Ora tocca alla Germania fare la sua parte.

Alfano: Cossiga rimase inascoltato
sul disfacimento della prima Repubblica

  ”Il presidente Cossiga ha scritto con la sua personalita’ e cultura giuridica e istituzionale pagine importanti della storia repubblicana”. Cosi’ il segretario del Pdl, Angelino Alfano, parla della figura del presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga, tracciata dal presidente dell’Adnkronos, Giuseppe Marra in un articolo dal titolo ‘La lezione che resta’ pubblicato sul Messaggero. Cossiga, sottolinea all’Adnkronos Alfano, ”vide per primo i segni del disfacimento della cosiddetta Prima Repubblica, ma la sua voce rimase inascoltata. Chiese invano riforme giuste che non furono fatte e di cui ancora oggi si avverte il bisogno. Ha segnato la differenza tra i politici che servono e amano le istituzioni e quelli che delle istituzioni si servono”.

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