Caso Sallusti, un’anomalia tutta italiana

Set 30th, 2012 | Di cc | Categoria: Politica

Confermati dalla Cassazione i 14 mesi di reclusione per il direttore de “Il Giornale”

 

Alessandro Sallusti, direttore de “Il Giornale”, è stato condannato a 14 mesi di reclusione senza condizionale per il reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa e omesso controllo. L’articolo incriminato, pubblicato da “Libero”(quotidiano presso il quale Sallusti ricopriva all’epoca dei fatti la carica di direttore responsabile) il 18 febbraio 2007, era firmato “Dreyfus”,  uno pseudonimo. Il giudice Cocilovo, richiamato dall’articolo su una questione spinosa riguardo l’autorizzazione ad abortire concessa ad una tredicenne di Torino, ritenne infamante quanto scritto, si auspicava la pena di morte per lo stesso giudice, e decise di fare causa a Sallusti per diffamazione.

 Il reato di diffamazione a mezzo stampa ricade nella giustizia penale piuttosto che in quella civile, e trova la sua normativa di riferimento nel “Codice Rocco”, ossia il codice penale risalente al ventennio fascista. La pena prevista per questo reato è la reclusione fino a sei anni: tuttavia la prassi è di infliggere soltanto una pena pecuniaria concedendo le attenuanti generiche. E’ discrezione del giudice scegliere il carcere o la pena pecuniaria; nel caso Sallusti il giudice, ritenendo che lo stesso direttore fosse l’autore dell’articolo, ha optato in modo poco rituale per la pena detentiva.

Perché una norma così anacronistica è ancora in vigore? La ragione è da ricercare, di nuovo, nella discrezionalità dei giudici: finora un solo giornalista, Giovannino Guareschi, è finito in carcere per reato d’opinione, a fronte di un numero molto alto di cause per diffamazione.

La magistratura a tal proposito fa sapere che la pena è sospesa in quanto Sallusti non ha recidive. Il direttore ha a disposizione trenta giorni per chiedere al Tribunale di sorveglianza una misura alternativa; possibilità scartata dal momento in cui Sallusti ha affermato di non voler ricorrere ad alcuna scappatoia legale.

Unanime la solidarietà da parte della categoria e del mondo politico: da più parti è giunta la richiesta di riforma di una normativa definita indegna di una democrazia occidentale. Se da un lato è ampiamente condivisibile la ratio di tale richiesta, dall’altro la singolarità della vicenda non deve però mettere in secondo piano il ruolo di responsabilità di un direttore, soprattutto di un quotidiano nazionale. Nel caso in questione l’autore dell’articolo incriminato, rivelatosi solo il giorno dopo la condanna di Sallusti, è il deputato Renato Farina, radiato dall’albo dei giornalisti per aver collaborato a pagamento con i servizi segreti, e dunque impossibilitato a firmare articoli. Il deputato durante un suo intervento alla Camera ha chiesto scusa al giudice Cocilovo, ammettendo che il suo commento era basato su notizie palesemente sbagliate: aggravanti queste che devono far riflettere sulla necessità di equilibrio tra libertà di opinione e libertà di diffamazione, fermo restando l’inadeguatezza della pena detentiva.

Raffaele Boccia

 

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