Addio facoltà umanistiche. Quando iscriversi a Lettere è fuori moda

Lug 30th, 2013 | Di cc | Categoria: Scuola e Giovani

Le aule di Lettere, di Storia, di Filosofia, di Sociologia sono semivuote. Si tratta di un vero e proprio esodo di massa dalle facoltà umanistiche che caratterizza non solo l’Italia ma anche gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia. Se il presidente francese, Hollande, ha promosso un progetto governativo affinché i giovani francesi possano riscoprire la bellezza degli studi umanistici, in Italia l’unica risposta a questo dramma è il silenzio. I giovani, quando devono scegliere l’università, si lasciano spesso intimorire dalla difficoltà di trovare lavoro e, per questo, si dirigono verso facoltà tecniche oppure non si iscrivono proprio all’università, come  confermano le statistiche più recenti: dal 2004 in Italia le immatricolazioni sono diminuite del 20,6 % e, in particolare, quelle delle facoltà umanistiche sono drasticamente calate del 26,8 %. Le aule vuote di corsi di laurea quali storia dell’arte e antropologia, letteratura e scienze sociali, abbandonate a se stesse e considerate delle fabbriche di disoccupati, sembrano parlare da sé e far luce su un dramma come l’abbandono dello studio della storia dell’uomo che può minare alle fondamenta una società. In un paese che è stato la culla del mondo antico, il dramma acquista delle connotazioni ancora più gravi: è un paradosso per Andrea Lenzi, ordinario di Endocrinologia, presidente del Cun, il Consiglio universitario nazionale, che afferma: «Se continua così avremo domani il problema di chi sa leggere un testo latino, o dirigere un archivio o un museo». Anche Alberto Asor Rosa, a lungo docente di Letteratura italiana alla Sapienza, lancia l’allarme e ritiene che la responsabilità sia, soprattutto, del governo che ha lasciato «in tragico abbandono» le facoltà umanistiche. Denuncia con amarezza: «Come si fa ad appassionare gli studenti verso questi corsi di studio se il messaggio che passa è che si tratta di studi residuali, di un mondo che non c’è più, sui quali  non vale la pena di investire?». La filosofa americana, Marta Nussbaum, nel suo ultimo libro, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, recentemente harilanciato fiduciosa l’idea che la formazione degli studenti dovrà essere sempre più disinteressata che utilitaristica. Rassicura l’opinione di Andrea Cammelli, professore di Statistica a Bologna e fondatore di Almalaurea, la più grande banca dati dell’università italiana, che sottolinea come dai dati emerga che trova lavoro, al di là del corso di laurea scelto, chi affronta seriamente l’università e la fa bene. «Anzi, le facoltà umanistiche preparano a quel long life learning, quell’imparare per tutta la vita, che caratterizzerà le professioni del futuro».

Chiara Selleri

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