Perché si parla tanto della “questione” della vita umana prenatale?

Gen 26th, 2014 | Di cc | Categoria: Spettacoli e Cultura

La vita umana prenatale è ancora oggi un tema cruciale per la nostra società chiamata a confrontarsi con le sfide sempre nuove della scienza e del progresso biotecnologico. La possibilità di effettuare precoci interventi terapeutici e diagnostici sull’embrione e sul feto, la produzione di embrioni in vitro per il superamento della sterilità o di rischi genetici, l’utilizzazione di embrioni per ottenere cellule staminali da utilizzare nell’ambito della medicina rigenerativa, la sperimentazione su embrioni a scopo di ricerca o la loro clonazione, sono alcuni dei più discussi filoni biomedici che hanno per protagonista l’individuo umano nelle fasi precoci del suo sviluppo.
Chi è l’embrione umano? È un soggetto o un oggetto un semplice ammasso di cellule? Quale valore ha la vita umana precoce? È lecito manipolarla almeno nei primi stadi del suo sviluppo? Quale grado di tutela accordarle? Sono queste le domande che vanno al cuore dell’attuale dibattito sull’inizio della vita umana; poter fornire una risposta ampiamente condivisa è fondamentale per le rilevanti implicazioni non solo in ambito sanitario ma per l’intera società e per il futuro stesso dell’uomo.
Ad essere interpellati da questi interrogativi non sono solo il biologo, il bioeticista o il legislatore ma ognuno di noi, semplici cittadini, chiamati ad esprimerci su materie delicate e complesse, come è accaduto lo scorso anno con il tema della fecondazione artificiale o come sta accadendo in questi mesi con la sperimentazione sulla pillola abortiva Ru486. L’ampio dibattito, spesso dai toni confusi, suscitato da questi temi, ha rivelato il bisogno di una informazione sempre più chiara ed oggettiva per affrontare con consapevolezza e coscienza critica le nuove sfide etiche e sociali del progresso biotecnologico.
Risulta allora importante chiarire innanzitutto la natura biologica dell’essere umano e delle sue origini, grazie all’apporto dei numerosi studi embriologici, genetici e biomolecolari che negli ultimi anni hanno permesso di scoprire i più intimi meccanismi dello sviluppo iniziale dell’individuo umano.

Cosa si intende per inizio della vita umana “individuale”?

Alcune correnti di pensiero affermano che l’esistenza di un individuo umano ‘vero e proprio’ cui poter dare ‘un nome ed un cognome’ inizi in un momento successivo rispetto al concepimento e che fino a quel momento quella ‘vita umana’ non possa avere la dignità, cioè il valore (e quindi anche la tutela) di ogni altra persona.
In biologia ogni individuo è identificato nell’organismo la cui esistenza coincide con il suo ciclo vitale, cioè ‘il distendersi nello spazio e nel tempo della vita di un’individualità biologica’. L’origine di un organismo biologico coincide quindi con l’inizio del suo ciclo vitale: è l’avvio di un ciclo vitale indipendente a definire l’inizio di una nuova esistenza biologica individuale che si svilupperà nel tempo attraversando diverse tappe fino a giungere alla maturità e poi alla conclusione del suo arco vitale con la morte.
Sulla base dei dati scientifici oggi disponibili, risulta dunque importante vagliare la possibilità di identificare l’evento critico che segna l’inizio di un nuovo ciclo vitale umano.

Quando inizia la vita?

Un nuovo individuo biologico umano, originale rispetto a tutti gli esemplari della sua specie, inizia il suo ciclo vitale al momento della penetrazione dello spermatozoo nell’ovocita. La fusione dei gameti maschile e femminile (detta anche singamia) segna il passaggio generazionale, cioè la transizione fra i gameti - che possono considerarsi ‘un ponte’ fra le generazioni - e l’organismo umano neoformato. La fusione dei gameti rappresenta un evento critico di discontinuità, perché segna il costituirsi di una nuova individualità biologica, qualitativamente differente dai gameti che l’hanno generata.
In particolare, l’entrata dello spermatozoo nell’ovocita innesca una serie di eventi, valutabili dal punto di vista biochimico, molecolare e morfologico, che inducono l’attivazione di una nuova cellula - l’embrione unicellulare - e stimolano la prima cascata di segnali dello sviluppo embrionale; tra le molte attività di questa nuova cellula le più importanti sono l’organizzazione e l’attivazione del nuovo genoma, che avviene grazie all’attività coordinata degli elementi molecolari di origine materna e paterna (fase pronucleare).
Il nuovo genoma è, quindi, già attivo allo stadio pronucleare assumendo da subito il controllo dello sviluppo embrionale; già allo stadio di una sola cellula (zigote) si inizia a stabilire come avverrà lo sviluppo successivo dell’embrione e la prima divisione dello zigote influenza il destino di ciascuna delle due cellule che si formeranno; una cellula darà origine alla regione della massa cellulare interna o embrioblasto (da cui deriveranno i tessuti dell’embrione) e l’altra al trofoblasto (da cui deriveranno i tessuti coinvolti nel nutrimento dell’embrione e del feto). La prima divisione dello zigote influenza, quindi, il destino di ogni cellula e, in definitiva, di tutti i tessuti del corpo. Queste evidenze chiariscono che non è possibile lasciare spazio all’idea che gli embrioni precoci siano un ‘cumulo indistinto di cellule’.
Alcuni fenomeni, come la possibilità di formare i gemelli monozigoti durante le prime fasi dello sviluppo embrionale, non cancellano l’evidenza biologica della individualità stabilita alla fusione dei gameti, semmai mettono in luce la capacità di compensazione di eventuali danni o errori nel programma di evoluzione embrionale. L’embrione umano precoce è un sistema armonico in cui tutte le parti potenzialmente indipendenti funzionano insieme per formare un singolo organismo.
In conclusione, dai dati della biologia fino ad oggi disponibili si evince che lo zigote o embrione unicellulare si costituisce come una nuova individualità biologica già alla fusione dei due gameti, momento di rottura fra l’esistenza dei gameti e la formazione del nuovo individuo umano. Dalla formazione dello zigote si assiste ad un costante e graduale sviluppo del nuovo organismo umano che si evolverà nello spazio e nel tempo seguendo un preciso orientamento sotto il controllo del nuovo genoma già attivo allo stadio pronucleare (stadio precocissimo dell’embrione unicellulare).

Il progresso biotecnologico ha influenzato così tanto il nostro modo di pensare e i nostri stili di vita, che si sente spesso parlare di ‘terza cultura’. Di che cosa si tratta?

Alcuni sociologi hanno definito la cultura contemporanea come la ‘terza cultura’, nella quale ha il predominio la tecnologia; tra i principi di questa nuova cultura fondamentale è l’idea che non ci sia nulla al di fuori dell’universo tangibile, che l’uomo sia un organismo non qualitativamente diverso da qualsiasi altro animale e quindi ridotto alla sua sola realtà corporea.
In ambito scientifico viene affermato che la scienza e la tecnologia sono neutre: poiché l’essenza della scienza è l’oggettività, ogni ostacolo posto al progresso scientifico risulta come una limitazione a tale oggettività; di conseguenza non devono essere poste restrizioni all’attività scientifica e al progresso tecnologico. Si parla di ‘scienza del possibile’ che considera giusto e buono tutto ciò che è tecnicamente possibile e che non accetta messaggi di guida o di stimolo da parte di sistemi di pensiero di ordine antropologico o etico.
Se l’uomo e tutta la realtà biologica sono frutto di una evoluzione cieca non esistono criteri in base ai quali conformare l’agire ed ogni realtà naturale è solo materia a disposizione dell’uomo. Conseguentemente, tutto quel che è possibile diviene lecito ed ogni limite è un ostacolo da superare. Ne risulta una grande spinta a fare non frenata da principi etici, in altre parole dal senso di responsabilità. Un atteggiamento questo che può essere molto pericoloso.
Al crescere delle possibilità di auto-manipolazione dell’uomo dovrebbe corrispondere un uguale sviluppo della nostra ‘forza morale’ per permetterci di proteggere e tutelare la nostra e l’altrui libertà e dignità.

Perché si dice che l’embrione umano ha una sua dignità?

Nella nostra cultura sta cambiando il sentire comune riguardo all’essere umano, soprattutto nei momenti più emblematici e vulnerabili della sua esistenza, inducendo una tendenza ad un graduale sfaldamento del valore della vita che va sempre più radicandosi nel tessuto sociale e legislativo proprio della cultura occidentale, storicamente culla dei diritti umani.
Secondo questa tradizione culturale, come si afferma fra l’altro nel Preambolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, l’essere umano è il valore da cui originano e verso cui vertono tutti i diritti fondamentali; qualsiasi altro criterio di ordine culturale, politico, geografico o ideologico risulterebbe riduttivo ed arbitrario. L’appartenenza alla specie umana è l’elemento sufficiente per attribuire a ciascuno la sua dignità.
La tradizione culturale dei diritti umani ha avuto, inoltre, una profonda incidenza sulla riflessione bioetica contribuendo all’affermazione più vigorosa dei diritti dell’uomo anche in medicina attraverso l’elaborazione dei codici di deontologia medico-professionale e lo sviluppo dei diritti del malato per assicurane l’autonomia ed evitare indebiti sfruttamenti. Risulta, allora, opportuno non disconoscere questa tradizione e valutarne le logiche conseguenze rispetto al tema dell’inizio della vita umana in ambito biomedico.
L’embrione umano precoce è un individuo in atto con l’identità propria della specie umana a cui appartiene, e conseguentemente devono essere riconosciuti i suoi diritti di soggetto umano e la sua vita deve essere pienamente rispettata e protetta.

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