La Democrazia maltrattata

Mar 14th, 2016 | Di cc | Categoria: Politica

di Edoardo Barra

 

 

            Quello che in questo periodo sta vivendo il nostro Paese non solo è a tratti ridicolo, ma sta seriamente cominciando a preoccupare. Non parliamo degli editti e delle autoesaltazioni che nascondono le reali condizioni del Paese, ne tantomeno di un’economia sempre più asfittica soprattutto nei confronti di una ripresa che da altre parti assume aspetti sostanziali e nemmeno di leggi apparse come fondamentali per la Nazione e che servono a distrarre l’opinione pubblica. No, ci riferiamo a come si sta lentamente dissolvendo quella democrazia a cui siamo troppo abituati per apprezzarne a dovere l’aria e l’ossigeno che regala.  

            Siamo in presenza di una crisi di sistema che si sta manifestando con aspetti sottili e subdoli, nascosta dai problemi e dalle chiacchiere, tante chiacchiere, che producono poco o nulla rispetto alle esigenze concrete ma distolgono dal nocciolo della questione.

            La nuova classe politica - e in modo particolare l’uomo che la incarna, il giovin capitano Matteo Renzi -  affacciatasi sul palcoscenico nazionale con slogan di facile presa e idee banali, si sta sempre più dimostrando alla ricerca del potere per il potere.  

            Tra l’altro il disfacimento di una parte politica, caduta sotto i colpi ben orchestrati di lobbie d’interesse istituzionale ed economico, ha spianato la strada ad un elite priva di legittimazione democratica e di un vero sostegno popolare che non fosse la reazione scomposta a una illusione caduta nel fango.

Renzi, inoltre, ha avuto vita facile anche all’interno del proprio partito che, atterrito dal rischio di nuove sconfitte, non ha osato porre in essere gli anticorpi necessari per fermare la deriva pseudo dittatoriale del giovin capitano e dei suoi adepti. E così il frutto del fenomeno Leopolda con le sue ambiguità rappresentate da commistioni con banche, fondazioni, uomini d’affari, parenti e amici degli amici è diventato il polo di attrazione per interessi più svariati.

            Ma ormai è evidente come la classe dei rottamatori abbia poca dimestichezza con quella che è la vita democratica. E’ sempre più manifesto il fastidio provato verso gli oppositori, il denigrare chi si ostenta a non pensare come il capo, l’incuranza verso quanti ancora si ostinano a credere che i problemi si risolvono con i fatti e non con gli slogan.

            Quello che preoccupa oltremodo è la parvenza di democrazia che si cerca di dare a mistificazioni che sono, invece, palese sintomo o d’incapacità politica o di qualcos’altro di ben più grave. Gli innumerevoli cambi di casacca di questa legislatura già danno l’idea del momento e le stesse primarie altro non sono che la diretta conseguenza di ciò.

            Verrebbe da sorridere se non fosse drammatica l’idea di Renzi per cui chi discute le primarie offende la democrazia, se la democrazia è quella espressa a Roma o Napoli…

            Oltretutto le cosiddette primarie sono il metodo per imporre comunque logiche di vertice celando le responsabilità e impedendo qualunque critica con l’alibi della scelta voluta dal basso.

Questo vale per il PD e per chiunque faccia un simile esercizio di movimentazione di voti, tra l’altro indicativo di poco o nulla considerate le percentuali dei votanti rispetto al panorama complessivo degli aventi diritto alla tenzone elettorale. Infatti, contrariamente a quanto pubblicamente afferma Renzi, sono proprio le primarie lo strumento più idoneo a offrire ai “capibastone” la possibilità di manovrare in silenzio attraverso il controllo del territorio.

Cosa ben diversa sono le primarie statunitensi, con logiche, metodi, applicazioni di tutt’altro genere. Da noi si sono rivelate per quelle che sono: una ipocrita parodia democratica.

            Si torni dunque tutti al coraggio di designare in maniera aperta e chiara un candidato scelto dal partito, dal movimento, da chi si vuole ma che rappresenti l’idea che si ha per amministrare una regione, una città o anche il Paese. Questo già sarebbe un segnale di cambio di rotta. Lo si deve alla gente prima che alla coscienza politica.

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