Vendita garantita dei beni di mafia

Nov 25th, 2009 | Di cc | Categoria: Cronaca Regionale

Quanti temono che mettendo all’asta parte dei patrimoni sequestrati alla mafia possano presentarsi per acquistarli prestanome dei ‘mammasantissima’, magari di quelli finiti in carcere, possono stare tranquilli. Non è certo questa, infatti, l’intenzione del governo e non c’è il pericolo che tali beni tornino nelle mani dei boss. Come ha ricordato il coordinatore del Pdl Bondi, i dati del ministero dell’Interno sono inequivocabili e dicono che tra il maggio del 2008 e questo novembre lo Stato ha arrestato in media otto mafiosi ogni giorno. Poliziotti e carabinieri hanno catturato 270 latitanti e tra questi 14 facevano parte della lista nera dei 30 ricercati più pericolosi.

 

Ma non basta: insieme agli arresti, negli ultimi tre anni sono aumentai anche i sequestri di beni, il provvedimento più odiato dai clan e dalle famiglie della criminalità organizzata. Il governo ha anche approvato una serie di durissime norme antimafia che il capo della polizia, Antonio Manganelli, ha commentato così: “Questi provvedimenti un tempo erano gli auspici del giudice Giovanni Falcone, poi portati avanti da altre persone, da ultimo dal procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso”.

 

Dunque, l’allarme scattato tra le centinaia di associazioni che fanno capo a “Libera”, che già amministrano beni sequestrati alla mafia, è destituito di ogni fondamento. Da quando è in carica il governo Berlusconi, infatti, la consistenza dei patrimoni sequestrati è aumentata a dismisura: quest’anno siamo già oltre i cinque miliardi di euro in beni immobili, più di un miliardo in denaro liquido.

 

È chiaro che l’obiettivo deve essere quello di convertire almeno parte di queste risorse in mezzi da utilizzare per portare ancora più a fondo la lotta alle mafie, o per indennizzare le vittime, un obiettivo virtuoso che in un Paese normale dovrebbe suscitare solo consensi. Ma il nostro non è purtroppo un Paese normale, e quindi sui ‘media’ sta passando un messaggio del tutto fasullo, alimentato dalle continue apparizioni dei vari don Ciotti e di una serie trasversale di parlamentari, quasi tutti professionisti della disinformazione, e altri che invece stanno utilizzando tutte le polemiche strumentali per portare marcare la propria diversità rispetto al partito di appartenenza.

 

La verità è un’altra: ci sono centinaia di fondi, immobili e rustici che nessuno vuole utilizzare, che non producono alcun reddito e stanno andando in malora. Si tratta – qui sta il punto - di tutti quei beni che non possono avere destinazione sociale, e quindi le norme contestate non intaccano per nulla lo status quo: Don Ciotti può stare tranquillo e così le altre 1500 associazioni che ottengono la gestione di patrimoni a volte di grande rilievo (semmai sarebbe bene verificare se tra queste associazioni non ce ne sia qualcuna senza i crismi di trasparenza necessari per un compito così delicato). Se nessuno finora si è fatto avanti per gestire queste centinaia di immobili, ci deve essere un motivo.

 

La vendita dei beni sequestrati ai mafiosi, inoltre, è legata a una serie di rigorose verifiche proprio del commissario straordinario, dei prefetti e dei comitati provinciali per l’ordine la sicurezza. Possibile che tutti questi organismi dello Stato, quotidianamente impegnati nel combattere le mafie sul territorio, siano incapaci di comprendere se un bene sarà acquistato dalla malavita? 

È chiaro che l’obiettivo deve essere quello di convertire almeno parte di queste risorse in mezzi da utilizzare per portare ancora più a fondo la lotta alle mafie, o per indennizzare le vittime, un obiettivo virtuoso che in un Paese normale dovrebbe suscitare solo consensi. Ma il nostro non è purtroppo un Paese normale, e quindi sui ‘media’ sta passando un messaggio del tutto fasullo, alimentato dalle continue apparizioni dei vari don Ciotti e di una serie trasversale di parlamentari, quasi tutti professionisti della disinformazione, e altri che invece stanno utilizzando tutte le polemiche strumentali per portare marcare la propria diversità rispetto al partito di appartenenza.

La verità è un’altra: ci sono centinaia di fondi, immobili e rustici che nessuno vuole utilizzare, che non producono alcun reddito e stanno andando in malora. Si tratta – qui sta il punto - di tutti quei beni che non possono avere destinazione sociale, e quindi le norme contestate non intaccano per nulla lo status quo: Don Ciotti può stare tranquillo e così le altre 1500 associazioni che ottengono la gestione di patrimoni a volte di grande rilievo (semmai sarebbe bene verificare se tra queste associazioni non ce ne sia qualcuna senza i crismi di trasparenza necessari per un compito così delicato). Se nessuno finora si è fatto avanti per gestire queste centinaia di immobili, ci deve essere un motivo.

 

La vendita dei beni sequestrati ai mafiosi, inoltre, è legata a una serie di rigorose verifiche proprio del commissario straordinario, dei prefetti e dei comitati provinciali per l’ordine la sicurezza. Possibile che tutti questi organismi dello Stato, quotidianamente impegnati nel combattere le mafie sul territorio, siano incapaci di comprendere se un bene sarà acquistato dalla malavita? 

Il mattinale

 

 

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