Extraterrestri e nuovo era ET non è più tra noi

Gen 16th, 2017 | Di cc | Categoria: Spettacoli e Cultura

Spielberg ha consegnato alle generazioni future un extraterrestre buono, indifeso, amico di un bambino. Era un altro mondo, erano altri sentimenti, era il mondo di ET. La fantascienza cambia, è cambiata e si è evoluta col passare degli anni, gli alieni sono diventati cattivi e pericolosi, a tratti migliori degli umani, ancora più evoluti ed intelligenti non sempre minacce ma forse superiori per intelligenza e nell’ottica universalista di un cosmo che va verso il declino e la rinascita.

E’ in arrivo nelle sale cinematografiche ( chi scrive ha avuto il privilegio di vederlo in anteprima),gli alieni sono sulla terra, sono comparse 12 astronavi  in 12 punti della Terra, gli stati che le ospitano si stanno mobilitando per capire cosa siano venuti a fare. Si può entrare dentro solo per un periodo limitato ogni tot ore, poi tutti i più grandi scienziati del mondo si confrontano in videoconferenza, almeno fino a che gli stati rimangono d’accordo nel non intervenire. Perché, come ci insegna la storia del cinema, gli alieni significano invasione.

Il film segue la protagonista, una linguista, rintracciata dalla Cia che ha il compito di comunicare con gli invasori(?) ed utilizzare la loro lingua che all’udito è un miscuglio di suoni informi, non sappiamo niente di niente e lei deve trovare un modo di impararla o fargli imparare la nostra.

Siamo nel pieno di un mutamento profondo della fantascienza al cinema. Da che era un genere avventuroso oppure filosofico, negli ultimi anni sta diventando qualcos’altro, gli eroi non sono più avventurieri ma scienziati (e non scienziati/avventurieri) in film che si appassionano e fanno appassionare all’esplorazione e alla comprensione dell’ignoto. Che da queste premesse apparentemente noiose siano nate opere come The Martian o Interstellar (e per certi versi Gravity) sembra un miracolo. Arrival è assolutamente in questa scia, non disdegna di giocare nel medesimo campo di Interstellar (ci sono anche dei legami familiari di mezzo) ma grazie al cielo ha regole tutte sue.

“Arrival” è un film sulla difficoltà nel comprendere gli altri e quanto paura ci metta ciò che non capiamo. Uno in cui l’arma dell’eroe non è il suo ardore ma la sua testa, la maniera in cui è meno spaventato degli altri perché possiede più conoscenza degli altri.

E’ un film sulla incomunicabilità e sulla  scoperta del diverso, un film umano e carico di aspettative un film senza paura che riporta alla memoria le descrizioni di stupore dei primi esploratori delle “nuove terre”.

Il film ha una virtù tutta sua, una capacità di commuovere con l’approccio scientifico rigoroso (come si impara una lingua da zero senza avere un terreno comune di comunicazione?) Se si è un po’ appassionati del genere, se si ha una certa fascinazione per la conoscenza, è difficile che non vengano gli occhi lucidi nella bellissima scena in cui Amy Adams ha l’idea di non passare per linguaggio orale ma di optare per la scrittura e la prima cosa che scrive sulla lavagnetta, il primo messaggio in assoluto, è UMANA riferito a sè, e lo fa con uno sguardo carico di eccitazione e paura palpabili.

Esseri umani nella loro interezza alieni per gli alieni, estranei per se stessi.

Salvatore Aulicino Mazzei

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