Alla ricerca di nuove strade
Mar 20th, 2018 | Di cc | Categoria: Politicadi Edoardo Barra
Molti osservatori politici, in questo momento, focalizzano la propria attenzione sugli sviluppi legati allo scacchiere parlamentare e al conseguente tentativo di formare un Governo. Le ultime elezioni hanno, infatti, determinato uno stato di cose che, per la verità, solo i meno attenti non avrebbero potuto pronosticare. Lo scenario offre molti spunti di perplessità e non solo per le tante affermazioni difficilmente realizzabili, ma anche per la dinamica dei voti e la loro omogeneità d’intenti.
I risultati elettorali, letti in funzione dei rapporti di forza hanno certo una valenza indicativa, ma vanno interpretati calandoli in un contesto più ampio, cogliendo i segnali che provengono dal Paese, respirandone l’aria e comprendendo il significato che gli ha voluto dare il marciapiede. Fatto questo, il quadro si tinge di tinte forti e il tratto diventa sì più chiaro ma anche più incerto.
La gente è stanca. Stanca di chiacchiere, stanca dei bei sorrisi senza consistenza, stanca di subire logiche troppo distanti per esser comprese.
La tornata elettorale di marzo ha rappresentato l’ultima occasione di rivalsa e i voti andati al M5S e alla Lega ne sono l’espressione. Ma la realtà è più dura dei sogni. Non bastano le illusioni per mutare la situazione, servono i fatti. E i due “vincitori a metà” hanno limiti da superare. Il Movimento ha quello, enorme, legato al suo essere. Nato, cresciuto, formatosi nella e per la protesta, oggi deve dare una concretezza alla sua azione pur rimanendo nell’alveo di quanto ha sempre affermato. La Lega invece è ancora impegnata a completare la parabola immaginata da Salvini: linee chiare, concetti diretti e soprattutto platea nazionale. Già adesso i risultati la proiettano come forza principale del centrodestra, ma il progetto va oltre: ridisegnare del tutto i rapporti in Parlamento e ricoprire, essa stessa, il ruolo centrale del panorama politico nazionale.
Questo però non basta a limitare quello che oggi è il senso di vuoto che prova la gente. Un vuoto che la politica fatica a riempire, una sorta di strana sensazione di sbandamento soprattutto legato al mondo del lavoro.
I sindacati, che un tempo rappresentavano il fulcro propositivo del Paese produttivo, gli interpreti delle esigenze e del cambiamento, hanno visto lentamente frantumarsi questa capacità sotto i colpi deleteri delle ingerenze politiche e della mancanza di elaborazione. Un fenomeno che ha lentamente delegittimato l’idea sindacato sino a condurre, il movimento dei lavoratori, verso lo smarrimento e la sfiducia.
Adesso, considerando come il problema lavoro è quello più pressante, ci rendiamo conto dell’importanza che il sindacato dovrebbe ricoprire per riempire quel senso di nulla a cui prima accennavamo.
In questo panorama è apparsa emblematica la relazione, al recente Congresso Nazionale UGL, del Segretario Generale Paolo Capone. Identificando il Sindacato come “luogo di elaborazione di un pensiero economico e sociale nuovo” capace di offrire risposte e vedute concrete, ha indicato una via dalla quale non si può né si deve prescindere se si vuol garantire e preservare il Paese da momenti di scontro sociale drammaticamente simili a quelli di cui abbiamo ancora memoria.
Il sindacato deve raccogliere la sfida “che la politica ha smarrito”, deve ritornare a farsi parte attiva e propositiva, ridare voce ai lavoratori e con essi cercare di allontanare quell’emarginazione sociale che si sta dannatamente ampliando.
In altre parole, il sindacato - pur rimanendo cosa ben diversa e senza mai essere proprietà di un partito - deve “aiutare” la politica a ritrovare se stessa e a farle comprendere quello che il Paese reclama. Lo stesso Capone offre una precisa indicazione: “Occorre uno spostamento significativo verso un modello di crescita centrato sul lavoro e sull’incremento degli investimenti”.
Affermazioni che impegnano il sindacato, almeno l’UGL, nella ricerca di strade diverse da quelle intraprese negli ultimi anni.Non più notabili o politicanti travestiti, ma donne e uomini che progettano e costruiscono prospettive.