Conflitti: Save the Children, il virus dell’indifferenza tra i leader sta distruggendo intere generazioni. Dal 2010 le gravi violazioni contro i bambini sono cresciute del 170%

Feb 13th, 2020 | Di cc | Categoria: Esteri

               Sono 415 milioni – uno su cinque – i bambini che vivono in zone di guerra

Nel nuovo report “Stop the War on Children – Gender matters”, l’Organizzazione analizza le diverse conseguenze dei conflitti su ragazze e ragazzi. Questi ultimi più esposti a reclutamento, rapimenti, mutilazioni e morte, mentre le ragazze sono più a rischio di violenze sessuali, sfruttamento e matrimoni forzati e precoci.

 

Il virus dell’indifferenza diffuso tra i leader mondiali sta distruggendo intere generazioni di bambini costretti a vivere in guerra, in conflitti che diventano sempre più intensi e pericolosi per loro. Dal 2010 le gravi violazioni che hanno colpito i bambini sono aumentate del 170%, con maggiori probabilità per i bambini di essere uccisi o mutilati, reclutati, rapiti, abusati sessualmente, di vedere le loro scuole attaccate o di essere lasciati senza aiuti. Intere generazioni che rischiano di perdersi: 415 milioni di bambini in tutto il mondo – uno su cinque - vivono in aree colpite da conflitti, tra questi 149 milioni sono in zone di guerra ad alta intensità di violenze.

Il maggior numero di bambini che vive in zone di conflitto è in Africa (170 milioni), mentre in Medio Oriente si registra la densità più alta (un bambino su tre). Afghanistan, Iraq, Mali, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo (DRC), Somalia, Sud Sudan, Siria e Yemen restano i dieci paesi in cui si sono verificate il maggior numero di violazioni gravi sui bambini. La Siria risulta particolarmente pericolosa: il 99% dei bambini vive in zone esposte al conflitto con un altissimo numero di gravi violazioni.  Il conflitto sta inoltre peggiorando per i bambini che vivono in Afghanistan, Somalia e Nigeria, che rispettivamente hanno il maggior numero di uccisioni e mutilazioni, violenze sessuali, reclutamento e uso di bambini da parte di forze armate o gruppi armati.

Questa la denuncia contenuta nel terzo report di Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e garantire loro un futuro, dal titolo “Stop the war on Children – Gender matters”.  Il rapporto, lanciato nell’ambito della campagna “Stop alla guerra sui bambini”, in vista della Conferenza di Monaco, dove i leader mondiali si riuniranno per discutere questioni di sicurezza internazionale, sottolinea come le sei gravi violazioni contro i bambini in conflitto abbiano un impatto diverso su ragazzi e ragazze. Un’attenzione particolare viene rivolta alle conseguenze dei conflitti sulle ragazze da parte di Save the Children, che nel corso di quest’anno si concentrerà molto sul tema delle discriminazioni di genere e dell’empowerment delle bambine e delle adolescenti.

Almeno 12.125 bambini sono stati uccisi o feriti dalla violenza legata ai conflitti nel solo 2018, un aumento del 13% rispetto al totale riportato l’anno precedente, con l’Afghanistan che risulta il paese più pericoloso. Anche il numero di attacchi segnalati a scuole e ospedali è salito a 1.892, con un aumento del 32% rispetto all’anno precedente. Tra il 2005 e la fine del 2018, risultano 20.000 casi verificati di violenza sessuale contro i minori. Si ritiene che questo numero sia solo la punta dell’iceberg in quanto la violenza sessuale è enormemente sottostimata a causa delle barriere sociali e dello stigma ad esso associato nonostante venga spesso utilizzata come tattica di guerra.

“È sbalorditivo che il mondo resti a guardare mentre i bambini sono presi di mira impunemente: dal 2005 è stato registrato che almeno 95.000 bambini sono stati uccisi o mutilati, decine di migliaia di bambini rapiti e a milioni di bambini è stato negato l’accesso all’istruzione o ai servizi sanitari dopo che le loro scuole e ospedali sono stati attaccati. I dati colpiscono, ma non rappresento la reale dimensione del dramma che sono costretti a subire i bambini in conflitto, che è molto più ampio”, denuncia Filippo Ungaro, Direttore delle Campagne di Save the Children. “Guarire dal virus dell’indifferenza significa pretendere che non si colpisca indiscriminatamente la popolazione civile, che non vi siano conflitti per procura, che si fermi la folle corsa agli armamenti e al business della loro esportazione a paesi che compiono violazioni dei diritti umani e dei bambini”.

 

LE GRAVI VIOLAZIONI E LE DIFFERENZE DI GENERE

Il rapporto di Save the Children mostra come le gravi violazioni impattino in maniera molto differente tra ragazzi e ragazze: ad esempio i ragazzi hanno più probabilità di essere esposti a uccisioni e mutilazioni, rapimenti e reclutamento, mentre le ragazze corrono un rischio molto più elevato di violenza sessuale e di altro genere, incluso il matrimonio precoce e forzato.

Di tutti i casi accertati di omicidi e mutilazioni, il 44% erano ragazzi, il 17% erano ragazze. Spesso sono gli archetipi culturali a determinare i rischi corsi da ragazze e ragazzi in conflitto: la maggiore libertà dei maschi, ad esempio li rende potenzialmente più a rischio di venire uccisi o mutilati a causa di ordigni inesplosi o di cecchini che li reputano un pericolo. Al contrario le ragazze, che sono più chiuse nei loro luoghi familiari, sono più esposte a violenze sessuali, sfruttamento e matrimoni precoci o forzati.  

I ragazzi sono anche più vulnerabili al reclutamento da parte di forze armate o gruppi armati. Se le stime sui minori arruolati per combattere parlano di un esercito di circa 300.000 bambini, dal report emerge che nel solo 2018 sono stati reclutati più di 7000 minori, la maggior parte in Somalia (2.300) e in Nigeria (1.947). Spesso sono stati rapiti e usati come combattenti, forzati a diventare scudi umani, abusati sessualmente e sfruttati, usati per trasportare esplosivi o come kamikaze. Una buona parte di coloro che vengono reclutati nei gruppi armati lo fanno volontariamente, in mancanza di opportunità educative o in casi di bisogno, anche solo per avere la possibilità di procurarsi del cibo o un posto dove stare. Sui casi accertati, l’84% coinvolgeva ragazzi e l’11% le ragazze, che spesso hanno più funzioni di supporto ai gruppi armati, per compiti domestici come la preparazione del cibo e la gestione dei figli dei combattenti, ma che vengono spesso abusate e sfruttate a scopo sessuale. Anche quando i bambini riescono a liberarsi dal giogo in cui sono finiti, il rientro nelle comunità è estremamente difficile, soprattutto per le ragazze che vivono lo stigma di essere state oggetto di violenza sessuale e che vengono quindi percepite come impure e disonorate e di conseguenza ripudiate dalla famiglia e dalla comunità.

Degli oltre 2.500 bambini rapiti, invece, l’80% erano ragazzi, che quasi sempre vengono poi obbligati ad entrare a far parte dei gruppi armati. Le ragazze hanno invece molte più probabilità di essere violentate, di essere costrette al matrimonio precoce o di essere vittime di altre forme di abuso sessuale rispetto ai ragazzi: l’87% di tutti i casi accertati di violenza sessuale riguardava ragazze, mentre l’1,5% erano ragazzi. Nell’11% dei casi, il genere non è stato registrato. La Somalia e la Repubblica Democratica del Congo sono i paesi più pericolosi per le ragazze. La paura – soprattutto per le ragazze – di essere rapite, ha come conseguenza una fortissima limitazione dei loro spazi di libertà e spesso si vedono costrette a non andare più a scuola per il terrore di essere prese durante il tragitto che devono percorrere. Spesso – come nel caso dei rapimenti ad opera di Boko Haram – i rapimenti diventano una sorta di punizione proprio per quelle che decidono di andare a scuola e in particolare per chi dimostra di non interpretare in maniera stringente le norme di genere imposte dai precetti religiosi.

Le violenze sessuali e gli stupri sono comuni durante i conflitti, ma a causa dello stigma ad esse associate, il numero dei casi verificati è di gran lunga sottostimato rispetto alla diffusione del fenomeno. L’ultimo rapporto del Segretario Generale delle nazioni unite del 2019 parla di 933 casi verificati: di questi l’83% erano violenze contro ragazze e solo l’1,5% riguardava ragazzi. Anche in questo caso, è difficile valutare le proporzioni nella distinzione di genere, soprattutto perché i ragazzi tendono – per vergogna e paura – a non denunciare le violenze subite. Le violenze sessuali e gli stupri sono stati usati spesso come armi di guerra, come accaduto in Myanmar dove le sistematiche violenze sessuali, commesse dai Tatmadaw, facevano parte della campagna di violenza per obbligare i Rohingya a lasciare le loro case. Le violenze sessuali nei confronti delle bambine e delle ragazze sono spesso motivo anche di matrimoni precoci o forzati: secondo le stime nel mondo vi sono 765 milioni di bambini che sono state costrette a matrimoni precoci. Si stima che ogni anno 12 milioni di ragazze siano obbligate a sposarsi prima della maggiore età.

“I bambini e le bambine soffrono in maniera differente le conseguenze dirette e indirette dei conflitti e devono essere aiutati nelle loro esigenze specifiche. Chiediamo che i governi e le parti in conflitto si assumano la responsabilità dei crimini commessi ai danni dei minori e che la comunità internazionale si impegni a costruire piani di azione che possano garantire il loro recupero fisico e psicologico”, conclude Filippo Ungaro.

La versione integrale del report “Stop the war on children – Gender matters” è disponibile al link: https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/stop-war-children-2020-gender-matters

Giovanni Mammana

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