Immigrati: Governo e Papa, visione comune

Ott 28th, 2010 | Di cc | Categoria: Cronaca Nazionale

Sull’immigrazione, i quotidiani oggi hanno censurato addirittura il Papa. Quando in passato un sacerdote o comunque un esponente di secondo piano della Chiesa ha alzato la voce per criticare la politica del governo sull’immigrazione, ha avuto eco e spazio in tutti i media. Ma quando il Pontefice “licenzia” ufficialmente, come ha fatto ieri, il suo messaggio in occasione della Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato e non vi si trovano critiche ai “respingimenti”, anzi, o appelli contro la politica del rigore verso i clandestini, la sua parola non riesce a conquistare neppure la chiusa di un articolo in pagina interna. Ma che cosa ha detto Benedetto XVI? La premessa è che tutti fanno parte di “una sola famiglia” umana, compresi i migranti, e tutti “hanno lo stesso diritto ad usufruire i beni della terra”, come pure a “emigrare”. Il bene comune universale si eleva al di sopra degli egoismi nazionali. C’è, quindi, un diritto a emigrare e un dovere di accoglienza. Principi sui quali si è tutti d’accordo. Solo che il Papa aggiunge un “però”. Ed è su quel “però” che c’è una differenza di vedute tra una sinistra lassista e ideologica e un centro-destra moderato e pragmatico. Quest’ultimo si muove nel solco delle parole di Benedetto XVI. “Gli Stati – dice infatti il Papa – hanno il diritto di regolare i flussi migratori e di difendere le proprie frontiere, sempre assicurando il rispetto dovuto alla dignità di ciascuna persona umana”. In passato, i governi guidati da Berlusconi sono stati criticati perché sostenevano l’idea delle quote, ossia proprio della regolazione dei flussi. Il Papa specifica che si tratta di “coniugare l’accoglienza che si deve a tutti gli esseri umani, specie se indigenti, con la valutazione delle condizioni indispensabili per una vita dignitosa e pacifica per gli abitanti originari e per quelli sopraggiunti”. Situazioni di degrado e di delinquenza sistematica non sono evidentemente ammissibili. I diritti, insomma, si sposano con i doveri e si limitano a vicenda per conseguire un equilibrio che - per dirla con il Papa - “favorisce una convivenza stabile e armoniosa”. Ma c’è di più. Il riferimento al diritto di difendere le frontiere nel contesto di un’immigrazione eccessiva (figuriamoci clandestina e suicida per gli stessi migranti dei gommoni lanciati alla disperata sulle nostre coste) concede un avallo altissimo all’idea che sta dietro i cosiddetti “respingimenti”. Difesa delle frontiere, regolazione dei flussi, accordi con i Paesi di provenienza, rispetto della dignità. L’uomo in difficoltà nel mare viene salvato, ma non necessariamente autorizzato a entrare nel Paese verso cui era diretto. Il discorso ovviamente è diverso per i rifugiati, che fuggono da guerre e persecuzioni politico-religiose. In questo caso, osserva il Papa, valgono gli impegni internazionali. Questa linea che punta sul rigore e insieme sull’integrazione, sui diritti ma anche sui doveri, smentisce le uscite di esponenti minori della Chiesa e la campagna anti-governativa di certi fogli non ufficiali di orientamento cattolico, eredi di un cattolicesimo di sinistra “impegnato” che non corrisponde all’equilibrato magistero del Pontefice.

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