L’altra faccia dell’otto settembre 1943

Apr 27th, 2009 | Di cc | Categoria: Politica

 

di  Carla De Ciampis
E’ stato detto, è vero: la storia la dipingono i vincitori e come vogliono i loro colori; ma a distanza di tanti anni, anche per un fatto di cultura se non di equità, se esce fuori parte di quella storia oscurata, non credo che nel terzo millennio debba poi essere pretesto di speculazioni politiche che nulla hanno a che vedere con il significato di certe affermazioni ed interpretazioni.
Mi riferisco con solidarietà al Ministro Ignazio La Russa, censurando il Presidente Napoletano che anche nei ricordi non ha unificato lo spirito di tutti gli italiani siano essi ritenuti guelfi che ghibellini.
Che cosa c’e di tanto grave nella posizione del Ministro per i tanti altri che combatterono e morirono fedeli ad un ideale: ” farei un torto alla mia coscienza se non ricordassi che altri militari in divisa come quelli della Repubblica di Salò, dal loro punto di vista combatterono credendo nella difesa della patria”.
Emblematica è la fotografia di quel tragico otto settembre 1943 riportata chiaramente da Alberto Sordi nel film “Tutti a casa”!
No! Il Ministro non intendeva “cambiare la storia”. L’otto settembre 1943 è una pagina storicamente tragica per un Paese lasciato al completo sbaraglio e nella falsa convinzione di una pace che naturalmente avrebbe comportato l’immediata fine di ogni ostilità.
Fu l’inizio, con la veste di una falsa legittimazione, di un’altra e lunga e sporca guerra fratricida, fatta di ripicche spesso senza un chiaro disegno politico nel vero senso della parola, a danno di altro sangue innocente, che ancora oggi grida giustizia.
Il Paese fu lasciato agonizzante in una irreversibile crisi sia materiale ma soprattutto ideologica, per la mancanza di chiare disposizioni e programmazioni; furono abbandonati al loro destino tutti quelli che in divisa avevano creduto e combattuto per una Patria.
No! Non tutti considerarono alleati gli invasori e invasori chi fino al giorno prima fianco a fianco avevano rincorso i medesimi ideali, sofferto e combattuto lo stesso nemico.
Non si ritennero ribelli quelli che non capirono “l’armistizio”. Per loro “la fuga” del Re spinto da un catastrofico Badoglio rappresentò il tradimento di quegli ideali che portarono alla morte i loro fratelli; per Questi la Patria era quella di sempre e non tutti furono in mala fede se si riconobbero nella Repubblica di Salò. Quanta confusione in quel otto settembre 1943!
Non parlo da fascista: odio la dittatura, ma sono lontana da questa falsa democrazia fatta da espressioni politiche di partito pronte a creare pretestuosi litigi e ombre sui media, dimenticando che al momento opportuno sono poi latitanti ed inconcludenti.
Per ritornare alla diatriba, recentemente ho letto una intervista fatta dalla giornalista Paola Tettamanzi ad uno degli ultimi corazzieri del Re, testimone oculare di quel giorno ” ci siamo resi subito conto che il clima era di grande confusione. Generali e colonnelli correvano avanti e indietro, senza che nessuno sapesse quali decisioni prendere”. Non ho pretese storiografiche ma credo che bisogna censurare sia le squadracce nere che quelle  camicie rosse partigiane sovvenzionate da Mosca come poi riconoscere virtuosi in egual misura tutti quei figli onesti che hanno combattuto e sono morti per un credo.

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