Per la Fiat il governo si muove. Eccome!
Feb 7th, 2011 | Di cc | Categoria: Cronaca Nazionale
La scossa all’economia annunciata da Berlusconi con l’attuazione del piano per la crescita, tema che sarà all’ordine del giorno del prossimo Consiglio dei Ministri, passa anche attraverso la conferma dell’espansione e del radicamento sul territorio nazionale della Fiat, la più grande impresa manifatturiera italiana, alla vigilia della posa del primo mattone del progetto Fabbrica Italia, con le assunzioni a marzo per la produzione a Pomigliano della nuova Panda e successivamente con il rilancio di Mirafiori.Berlusconi vedrà a giorni, a Palazzo Chigi, l’amministratore delegato Sergio Marchionne: un incontro voluto dal premier per fare il punto sulla situazione e sui progetti di Fiat. L’appuntamento sarà anche utile a sgomberare definitivamente il campo da ogni equivoco circa le parole di Marchionne, recentemente rimbalzate dall’America, sulla possibile creazione negli Usa del quartier generale del futuro gruppo Fiat-Chrysler. Un chiarimento telefonico c’è già stato con il ministro Sacconi e anche il presidente Elkann ha confermato che non c’è alle viste alcun declassamento di Torino, ma piuttosto l’ipotesi di più centri direzionali attestati nel mondo.Certo è che un faccia a faccia tra il premier e Marchionne servirà certo a fare chiarezza su quella che appare ormai come una tempesta in un bicchier d’acqua, ma soprattutto a fare il punto sul piano Fabbrica Italia, con il quale Fiat mette sul tappeto venti miliardi di euro di investimenti per raddoppiare entro il 2014 la produzione di auto negli stabilimenti italiani. Il governo ha seguito con attenzione e correttezza le vicende di Pomigliano e Mirafiori, senza intromettersi nelle trattative tra le parti sociali poi sfociate nei referendum confermativi dell’accordo bocciato dalla sola Fiom-Cgil. Ha però accolto con favore l’esito delle votazioni in fabbrica, perché quegli accordi creano occupazione, rilanciano il settore dell’auto in Italia, spingono sulla crescita della produttività e del salario (favorita dalle detrazioni fiscali approvate dal governo). Marchionne, Cisl e Uil lo hanno riconosciuto. Le posizioni espresse dalla sinistra confermano invece che, col Pd al governo, quegli accordi non si sarebbero fatti ed ora staremmo qui a discutere di una Fiat in fuga dall’Italia. Mentre l’esito positivo di quelle trattative mostra – aveva commentato il premier - quel che occorre fare in futuro per tenere aperte le fabbriche in Italia e rendere attrattivo il nostro Paese per gli investimenti esteri. Il prossimo faccia a faccia non sarà soltanto tra il presidente del consiglio e il capo della Fiat, ma anche tra un imprenditore e un manager. Due che conoscono l’industria e parlano la stessa lingua.