La ripetizione è una forma di cambiamento, di Franco Capacchione

Nov 28th, 2020 | Di cciotola | Categoria: Spettacoli e Cultura

«La ripetizione è una forma di cambiamento» ha dichiarato Brian Eno. Si riferiva all’idea che sta alla base della musica minimalista. Per giorni nella Chiesa di San Carlo al Lazzaretto di Milano, musicisti-cantanti/cantantesse si sono succeduti di fronte a un organo con 1800 canne intonando la stessa canzone, Il cielo in una stanza: scritta da Gino Paoli, cantata per la prima volta da Mina nel 1960, ispirata a un incontro del compositore con una prostituta in un bordello di Genova. Una canzone che ha colpito l’immaginazione dell’islandese Ragnar Kjartansson tanto da metterla al centro del progetto The Sky in a Room. Ingressi contingentati, platea ristretta, tutti ben distanziati nell’edificio a pianta ottagonale, e una discreta emozione nell’assistere di nuovo, dopo tanti mesi, a un evento live, anche se composto nella forma e interrotto solo da applausi educati al cambio del musicista all’organo. A ogni nuovo interprete sembrava di ascoltare il racconto dello stesso avvenimento secondo differenti punti di vista: entrava in gioco la personalità di ciascuno, la postura, la voce. In una chiesa che, all’origine, era al centro di un lazzaretto si rinnovava un atto antico: uno strumento e una voce ad accompagnarlo. L’idea di inanellare variazioni su un tema di base torna così nel lavoro di Kjartansson. Già nel 2013 presentò all’Hangar Bicocca The Visitors: diversi musicisti che, con i loro strumenti, si confrontavano con la stessa canzone, quella volta nata per l’occasione. Tra i protagonisti dell’installazione, Anna e Gyða Valtýsdóttir e Kjartan Sveinsson, provenienti rispettivamente dai Múm e dai Sigur Rós, band islandesi che hanno portato fuori dai patri confini suoni che flirtano con l’elettronica e all’ascolto spingono a creare personali visioni, piuttosto che imporle. Musica per smuovere l’emotività con strumentazioni che risvegliano il ricordo dei giochi d’infanzia. A chi ascolta il compito di lasciarsi andare alla memoria, con desiderio e coraggio. Che siano ex aree industriali o luoghi di preghiera, Kjartansson usa la musica per modificare la percezione di un’architettura e aprire in ognuno di noi uno spazio interiore. Un’esperienza che richiede tempo per sedimentare, in fondo non molto diversa da quella, ormai inusuale, dell’ascolto di un album dall’inizio alla fine: un brano dopo un altro, seguendo il filo della narrazione, immergendosi sotto la superficie. Lo stesso abbandono che chiede un artista disinvolto nel muoversi tra suoni e visioni. Dopo essersi lasciato alle spalle le sonorità rock, Brian Eno ha scelto di mescolare insieme materiali diversi per ottenere risultati inattesi. Ma per scoprirli, al fruitore è richiesto di lasciarsi coinvolgere, senza resistenze. La disponibilità verso esperienze che toccano i diversi sensi può allargare la percezione di ciò che ci circonda, scoprendo, per esempio, che una stanza contiene il cielo.

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